Tra
la montagna di assurdità gabellate per grandi idee strategiche che si possono
sentire (e conseguentemente leggere sulle Agenzie e sui giornali) al Meeting
di Rimini, si sapeva già prima che arrivasse che la parte del leone l'avrebbe
fatta il solito Tremonti. Arrivato davanti alla platea ciellina in versione
"freak", con tanto di braccialettino "comunitario" al polso, ha sparato bordate
contro tutto e contro tutti, come fa di solito, in quanto, sia pure in misura
minore, sembra godere dello stesso privilegio del suo "capo" Berlusconi, cioè
quello di poter sparare merda (come se non fosse lui da dieci anni, sempre insieme
ovviamente al "capo", e salvo la breve ed infelicissima parentesi del Governo
Prodi), il responsabile "unico e massimo" della politica economica italiana.
Tra le tante piacevolezze dell'intervento, tutto volto ad accarezzare
l'uditorio ciellino picchiando gli assenti (più di tutti l'amministratore delegato
di Banca Intesa Passera nonchè, più o meno, gran parte degli altri Ministri
del suo Governo), il passaggio più importante è stato quello, testuale, in cui
ha detto, stando alle Agenzie: "Una certa quantità di diritti e di regole è
un lusso che non ci possiamo più permettere" (Reuters). Per chiarire meglio
ha aggiunto: "Possiamo avere i diritti perfetti, ma potremmo non avere più le
fabbriche". In più sarebbe carino ci spiegasse cosa sono i "diritti perfetti"
e, di conseguenza, quelli "imperfetti". Ma, a parte le sottigliezze terminologiche,
finalmente uno che parla chiaro: per mantenere il lavoro non ci possono essere
diritti (per chi lavora, è ovvio). Ergo: si può tranquillamente ripristinare
il sistema schiavistico che, a questo punto, appare come l'unica e giusta soluzione
che possa permettere al sistema produttivo di restare in Italia, visto che on
ci possiamo permettere più nemmeno "una certa quantità di diritti". Una bella
conclusione, degna di quello che la Lega chiama "Il più grande Ministro dell'Economia
della storia italiana", Ministro che, manco a dirlo "tutti ci invidiano".
Tremonti finalmente, dopo tanto parlare di "modello americano" e di
"modello renano", ci ha finalmente chiarito che l'unico modello è quello romano,
ma non nel senso usuale del termine, cioè de "Il Dottore non è in stanza...",
ma quello "antico romano" in cui manifatture e campi venivano lavorati dagli
schiavi. L'unico tassello che manca nella costruzione del nostro indigeno genio
dell'economia, è dove andremo a prendere questi schiavi. I romani se ne procuravano
a milioni con le guerre contro i barbari, e fin lì ci siamo. Allo stato delle
cose, per l'Italia, l'unica soluzione a portata di mano potrebbe essere l'invasione
di San Marino e riduzione in schiavitù della sua popolazione, poi messa al lavoro
negli opifici e nei campi, mentre i pazzoidi che ritengono che ci vogliono ancora
alcuni diritti, dovrebbero essere coerentemente licenziati e possibilmente esiliati.
Questa ipotesi avrebbe il pregio, tra l'altro, di soddisfare il grande
amore che Tremonti e i suoi nutrono per il popolo del Monte Titano, e che ha
manifestato in tutti i modi negli ultimi tempi. Purtroppo la popolazione sanmarinese
è scarsa di numero e, come sanno i riminesi, non troppo dotata sotto il profilo
lavorativo, quindi urgono altre soluzioni. Escluse per ragioni di contiguità
geografiche le invasioni di altri stati abbordabili, quali Lussemburgo, Lichtenstein,
Andorra, Principato di Monaco e, essendo problematiche le altre, l'unica soluzione
sarebbe riaprire le frontiere alle masse di disperati africani e mediorientali
che, probabilmente si accontenterebbero del lavoro senza diritti, che il nostro
paladino vede nel futuro dei suoi sudditi.
Temiamo però che la soluzione non piaccia troppo ai suoi sponsor della
Lega, i quali quindi dovranno darsi da fare in un'altra direzione, e cioè cercare
di spiegare ai propri elettori operai, artigiani, ecc. il nuovo verbo del loro
grande profeta. Attendiamo con interesse gli sviluppi di questa svolta epocale.
(nella foto: l'idea di "catena di montaggio" che ha Tremonti)
e.v.b.