Passando
vicino ad un'edicola, ho letto uno dei tanti titoli sul deficit, vero
o presunto, di cinque milioni d'euro nel bilancio della Fiera. La notizia
mi ha colpito perchè fino ad oggi erano giunte sempre delle informazioni ufficiali
positive (e notizie ufficiose di tutt'altro tenore). A questo punto, tutto
diventa uguale alle tante notizie di deficit che si ascoltano in merito alle
tante gestioni pubbliche. Quasi per un automatismo, il pensiero è corso alle
esperienze del passato ed alla mentalità nella quale la cultura della spesa
a credito affonda le sue radici. Sono risaliti alla memoria alcuni episodi
significativi. Il primo è degli anni di tangentopoli e si riferisce a Giuliano
Amato, uno dei quattro o cinque uomini di punta del Partito Socialista nei
suoi anni migliori, prima del disastro. Ebbene, messo alle strette da Scalari
che lo intervistava e, a causa della drammaticità dei tempi, lo richiamava
alla sua responsabilità viste le cariche pubbliche rivestite, ha ammesso pubblicamente
che in quegli anni non si era trovata la forza per fare fronte in modo adeguato
al problema del debito pubblico. E che in seguito, solo con le spalle al muro,
era arrivata la costrizione a cambiare.
Non c'è che dire. L'ex ministro, costretto dalla forza delle circostanze
di allora e dalla forte pressione della opinione pubblica, faceva una brutta
e bella ammissione che getta un fascio di luce rivelatore per chi vuole vedere
e crede che sia possibile vedere. Bella perchè dà la sensazione di essere
la verità o molto vicina alla verità. Brutta perchè mostra un'irresponsabilità
collettiva alla quale il nostro sistema di governo non pone un riparo. E fa
vedere come "dietro" non c'è alcun potere occulto o forte, come spesso siamo
stati tentati di pensare, ma piuttosto "dietro" c'era ed ancora c'è un insieme
anarchico e localistico di tanti poteri ai quali è difficile dare una forma
accettata sul piano nazionale.
Per capire meglio cosa ci sia dietro è utile ricordare Aldo Moro che,
prigioniero ed accusato dalle brigate rosse di essere la lunga mano del disegno
imperialistico americano in Italia, rispondeva di essere invece un povero
cristo col compito improbo di cucire assieme i tanti piccoli pezzi ed i numerosi
piccoli egoismi personali ed anarcoidi che componevano il quadro politico
del nostro Paese. Altro che grandi disegni, grandi trame, o grandi poteri
occulti e una possibile grande regia. Gli scorci di realtà che di tanto emergono
in seguito a qualche "scossone" sembra dimostrino proprio il contrario. E
che, fino ad oggi il potere, più che guidare e governare, si sia al contrario
adeguato ed abbia sempre risolto i problemi ricorrendo alla cassa e quindi
al debito.
Oggi, dopo una tregua dovuta alle correzioni seguite a tangentopoli,
possiamo ritrovarci nuovamente con le spalle al muro. In una situazione più
complicata di allora per i grandi cambiamenti in atto a livello mondiale.
Siccome non crediamo all'imminente fine del mondo, ma nemmeno che la difficile
nostra situazione odierna sia necessariamente e fatalmente destinata a portarci
al disastro, crediamo che (contemporaneamente all'ideazione di progetti per
riprendere la strada della crescita), sia necessario dire chiaro alla gente
lo stato delle cose, bilancio della Fiera compreso. E a cominciare dal passato.
Siamo convinti che un bagno nella realtà, accompagnato da atti di rilancio
riconoscibili, siano allo stato attuale un buon modo per riprendere slancio.
Chiediamo invece, per favore e con umiltà, che si ponga fine alle polemiche
sulle reciproche miserie anche quando si è sicuri di avere ragione ed anche
in modo unilaterale, senza controbattere. I tempi duri richiedono sicuramente
tenacia e spirito di sacrificio ma anche uno spirito unitario forte, senza
macchie di opportunismo o rinuncia alle proprie idee. Al proposito crediamo
che ci sia parecchio da fare, quasi da parte di tutti.
Concludo con una domanda. A proposito del federalismo fiscale. Siamo
sicuri che moltiplicando il numero di coloro che avranno i cordoni della borsa,
calcolando che così saranno responsabili in modo più diretto davanti agli
elettori-contribuenti, si provocherà un maggiore senso di responsabilità e
quindi più risparmio nella spesa pubblica? O, al contrario, non sarà che altra
legna gettata nella insaziabile fornace? Noi ci permettiamo dei dubbi sulla
virtù di tale meccanismo che vediamo tanto perfetto nella forma, quanto aleatorio
nella realtà.Ci sembra che sarebbe perlomeno opportuno procedere sperimentalmente
per gradi (e senza propaganda), pronti a fare marcia indietro se si riscontra
che la cosa funziona male. .
Le conseguenze quali sono? Su di esse sarebbe bene informare correttamente
la gente, spiegando quale è la posta in gioco. Sulle centrali nucleari i cittadini
non ebbero una informazione completa ed oggi ne pagano ancora un inconsapevole
prezzo. Ma questa volta il gioco è molto, molto, più grosso ed è bene andare
oltre la propaganda. Di esempi in cui invece di scegliere tra la gallina domani
e l'uovo oggi si è preferito mangiarsi oggi anche la gallina ce ne sono a
iosa. E ricordiamo che il rischio per uno Stato come il nostro è di quelli
senza biglietto di ritorno. (nella foto, uno dei tanti ministri economici
succedutisi nel Belpaese, cerca ispirazione per risolvere l'annoso problema
del buco nel bilancio dello Stato).
Steve