Riuniamo
in questo articolo alcune informazioni ed alcune opinioni più o meno auterovoli
raccolte da alcuni mesi fino ad oggi. Il commento più comune e diffuso è che
la crisi trova la sua origine in America e la causa principale è il forte squilibrio
nell'indebitamento. Senza addentrarci nelle complicazioni degli strumenti finanziari
che è meglio lasciare agli intenditori, si può riassumere la questione dicendo
che negli Stati Uniti, i governi si sono indebitati troppo ed i cittadini hanno
fatto altrettanto ,anzi di più, ed il debito si è gonfiato fino a scoppiare.
Per avere un'approssimativa idea delle cifre in ballo, fatto pari a
14.500 miliardi di dollari la ricchezza prodotta in un anno dagli Usa (la ricchezza
è paragonabile grosso modo al nostro pil, prodotto interno lordo), hanno accumulato
debiti per 51.000 miliardi di dollari. I debiti complessivi sono più di tre
volte la ricchezza prodotta in un anno.In Europa. Le cose stanno diversamente
nei paesi più forti del Vecchio Continente: in Germania e Francia, il debito
pubblico è all'incirca al 60% del pil, in Italia con 1.400 (1650 se si comprendono
anche gli enti locali) miliardi di euro si è invece al 105-110 %; ma comprendendo
tutto l'indebitamento pubblico e privato si è tutti, compresa l'Italia, ad un
debito di circa due volte superiore al pil contro le tre e passa degli Usa.
Per avere un'idea dello stato delle cose, esprimibile con un criterio, basta
ricordare che in Europa tutti gli Stati si sono impegnati a portare il proprio
deficit totale della parte pubblica al 60% del pil.
Da qui nascono le verifiche ed il giudizio annuo degli organi comunitari
che possono causare procedure per infrazione con relative sanzioni. Altra nota;
agli inizi degli anni ottanta il nostro bilancio era in linea. Eravamo a circa
il 60% del pil; poi… ci siamo persi. Andreotti, un protagonista di quei tempi,
ci racconta che allora i politici si occupavano solo di grandi cose, e che l'ordinaria
cura dell' amministrazione e quindi anche dei bilanci era disdegnata. Cossiga
ci dice che lo spirito con cui si affrontava la questione era improntato alla
carità cristiana. Amato, incalzato da Scalfari, in un'intervista di diversi
anni orsono, aveva ammesso pubblicamente che, sui bilanci, fino a che non ci
si era trovati con le spalle al muro non si era trovata la forza per reagire.
Probabilmente, tutto questo ed anche molto altro, deriva dal come in
realtà siamo, e proprio per uscirne, forse, sarebbe bene riconoscerlo, senza
paura. Ancora una ultima argomentazione sulla crisi. Quasi tutti sono in accordo
nel dire che è simile a quella degli anni trenta e che, come quella, si potrebbe
sviluppare in due fasi. La prima, caratterizzata dalla crisi finanziaria; la
seconda, dalla depressione economica durata per anni ed alla fine superata grazie
al nuovo corso politico, il new deal roosveltiano, che si incardinò su un forte
intervento dello Stato per la realizzazione di grandi opere pubbliche con grandi
cantieri che esercitarono una forte spinta per la ripresa che si realizzò, però,
solo alla fine degli anni '30. Da tempo si è soliti dire che ormai si conosce
la cura per questo tipo di crisi e che non si commetteranno più gli errori del
passato. Vedremo se sarà così.
Steve