Rieccoli,
si potrebbe intitolare. Infatti, per chi è troppo giovane o per chi più semplicemente
non ricorda, i primi anni novanta sono stati segnati da un terremoto politico-giudiziario
con la conseguente frantumazione dei partiti che allora costituivano il centrosinistra:
la democrazia cristiana ed i partiti socialista, liberale, socialdemocratico
e repubblicano. In specie, i primi due uscirono travolti da una serie di incriminazioni
per tangenti, con i rispettivi capi messi sotto accusa e con Craxi rifugiato
in Tunisia, dove poi morì, per sfuggire all'arresto. Nel paese si scatenò un'ondata
di emozioni giustizialiste e molti pensarono che la mannaia della legge avrebbe
potuto cambiare il paese. Persino il defunto e grande giornalista Indro Montanelli
qualche anno dopo scriveva "avevamo pensato che con alcuni colpi di scure, anche
se assestati fuori dalle regole, avremmo potuto raggiungere il cambiamento"
così riconoscendo un abbaglio.
Ma la grande corrente delle emozioni pubbliche ormai era in moto, la
spettacolarizzazione aveva raggiunto l'apice, prima con una serie di arresti
che non si fermava più e con un gettito continuo di avvisi di garanzia subito
pubblicati dalla stampa ancora prima che giungessero agli interessati. Diversi
suicidi ed alcune fasi processuali trasmesse per televisione completarono l'opera.
Solo pochissimi allora capirono che quel modo,spettacolare e suggestivo che
aveva l'allora magistrato inquirente DIPietro come più conosciuto rappresentante,
non era forse la via più adatta per ottenere risultati duraturi. Ma l'opinione
pubblica e diversi partiti, soprattutto quelli della sinistra, risparmiati dall'onda
delle denunce, appoggiavano i magistrati anche quando alcune delicate regole
erano calpestate e con esse anche diverse persone erano poi travolte.
Il problema è connesso alla natura ed alla estensione del fenomeno.
Le leggi sono state concepite per perseguire fenomeni puntuali ben definiti
e, comunque, penalmente rilevanti di crimini amministrativi. Queste stesse leggi
diventano invece difficilmente applicabili quando la trasgressione diventa fatto
di costume. E del tutto impotenti quando il malcostume viene messo in atto senza
violare alcuna regola di legge. DiPietro viene "stuzzicato", ancora oggi, per
il fatto che allora la magistratura aveva iniziato una massa di procedimenti
che poi in gran parte erano finiti nel nulla. Già allora alcuni avevano capito
che il caso, nella sua interezza, doveva avere una soluzione di altro genere.
Ad alcuni poteva sembrare paradossale, ma la soluzione poteva essere
solo politica. I partiti dovevano cambiare allora, i partiti debbono ancora
cambiare oggi. La domanda è: sono i partiti capaci di autoriformarsi, siamo
noi cittadini capaci di pretenderne la riforma? Siccome per tanti non è per
nulla chiara l'estensione e la natura del fenomeno. Ieri come oggi, aggiungo
alcuni riferimenti che servono a farsene una pure sommaria idea. Pochi dubbi
su ieri, basta conoscere o rileggersi il discorso tenuto allora da Craxi alla
Camera. Un grande protagonista che dichiara forte che il fenomeno c'è e che
riguarda tutti, anche coloro che non sono perseguiti dalla legge ed invita chi
è senza peccato a scagliare la prima pietra.
Un'altra testimonianza di tutto riguardo ci è pervenuta dai magistrati
inquirenti della città di Milano che allora ribadirono che la corruzione aveva
un carattere ambientale,ossia era diffusa in tutto il contesto politico della
città. La politica si finanziava così, in modo generalizzato. Più arduo era
invece distinguere gli arricchimenti personali. E vero che i "politici" si trattavano
bene. "Pensavamo ormai che fosse una cosa normale" ammetteva Claudio Martelli,
il delfino di Craxi. Ancora: l'insieme dei riscontri nelle indagini, il loro
scaglionamento temporale e territoriale facevano apparire l'insieme dei casi
sotto i riflettori come la punta di un iceberg di più vaste dimensioni.
Ed in provincia, dentro il corpo dei partiti, cosa si sapeva? Chi non
era cieco, era cosciente che esisteva un fenomeno assai diffuso di tale natura.
Per quanto conosco, ritengo che la maggioranza dei quadri politici ed amministrativi
locali, non avessero un ruolo da protagonisti. Il difetto era piuttosto quello
di eseguire supinamente quando era il caso. Del resto, se in una giunta od in
un organismo composito si votavano atti presentati da altri in conformità alla
volontà prevalente, si poteva sapere e non sapere. Ma per sapere occorreva essere
molto curiosi e disposti anche a mettersi in contrasto con il proprio ambiente,
cosa più facile a dirsi che a farsi. Oggi? Le tessere del mosaico disponibili
danno l'idea che la parte non democratica e non soggetta a consenso o controlli
sia ampia.
Chiudo con la frase di un avvocato di Roma che cura gli affari di una
parte lesa nella vicenda Romeo. Dice a proposito di un appalto: "Sia chiaro,
non c'è una prova del malaffare, almeno non c'è ancora. Tuttavia è evidente
il segno di un malcostume politico gravissimo e diffuso, per certi versi ancora
più pericoloso del reato. In effetti, se è condannabile solo ciò che è reato,
c'è il rischio che il malcostume dilaghi". Si torna ancora una volta alla ragione
per cui la sola magistratura ed i processi sono insufficienti come rimedio.
La cura è dentro la politica ed io aggiungo che è anche inutile sperare in cambiamenti
epocali. Abbiamo ciò che sappiamo costruire: la politica, i partiti, i dirigenti
sono il nostro specchio. La speranza sta nella quantità e qualità di persone
capaci e professionali, che a mio parere pure presenti in numero confortante,
sono un potenziale e non una realtà operativa nella società politica attuale.
(nella foto, si distinguono chiaramente alcuni amministratori locali del
Pd, travolti dalla valanga delle inchieste)
Steve