Breviario di novembre è il titolo, semplice e preciso, dell'opera
prima di Alessandra Conte. Non propriamente una raccolta ma piuttosto un vero
libro liturgico, un poema eccezionalmente compatto e unitario che via via assume
le forme dell'invocazione, della preghiera, della bestemmia. Quella di Alessandra
Conte è una poesia potente, immediatamente decifrabile nelle sue strutture sintattiche,
una poesia, per continuare su un registro parareligioso, dell'incarnazione,
nel senso che il simbolo viene sempre preso alla lettera, il sangue è sangue,
senza ombra di dubbio e il canto che l'autrice eleva alla divinità è "lascivo
e sguattero".
Nel suo catalogo di piaghe, abrasioni e cicatrici il nome di Dio viene
invocato perchè le ferite restino tali e quali. In Breviario di novembre
troviamo preghiere al contrario, cui non si chiede di risolvere ma di garantire
l'assenza del miracolo. E' tutto tremendamente fisico, e allo stesso tempo tutto
anche prevedibile ma garantito da un surrealismo sottotraccia che abita certe
immagini magnifiche come quella vergine peccatrice cui viene chiesto di ferire,
questa volta un vaso non un corpo, e di spaccarlo.
A me sembra che la tensione che attraversa questo libro, che prende
e dirotta le parole, portandole in alcuni momenti quasi a una solennità innica,
somigli a poco altro che si legge in Italia. Vengono in mente certi poemi sanguinosi
di Testori ma è un referente così scontato che finisce per essere fuorviante.
Breviario di novembre è un libro di ossessione e possessione, nel leggerlo si
ha l'impressione di una strada percorsa con violenza ostinata, una cosa simile
io l'ho ritrovata nelle pagine di un giovanissimo romanziere, Alcide Pierantozzi
e nel suo ultimo, magmatico romanzo L'uomo e il suo amore (Rizzoli, 2008),
una concentrazione di stile che da sola si fa massa di pensiero, pur nella differenza
di vedute contenuti esiti. L'unica nota dolente è la reperibilità difficile
del libro ma per i riminesi come me non c'è problema, visto che l'editore, Raffaelli,
è riminese e, come vedete, non pubblica mai libri banali.
Fabio Orrico