"Cari
Silvio e Walter, state facendo sul serio?". Era il titolo di un nostro
articolo del 12 dicembre 2007 che, se volete, potete andarvi a rileggere in
archivio. In quel pezzo si faceva l'analisi del tentativo di accordo fra Berlusconi
e Veltroni su una nuova possibile legge elettorale. Scrivevamo, però:
"Siamo ormai da tempo abituati alle delusioni, alle speranze suscitate
per essere poi inevitabilmente infrante. Osservando... più di tutto, l'andamento
della nuova legge elettorale, impareremo fino a che punto si riesce a fare sul
serio".
Adesso possiamo dirlo: non si fa proprio sul serio. Dopo l'addio alla
maggioranza di Clemente Mastella e la conseguente caduta del governo Prodi,
Silvio Berlusconi ha cambiato rotta senza battere ciglio: "ci vuole il
voto - ha detto - e il porcellum è una buona legge elettorale".
Il centrodestra "che non esiste più" come dicevano Casini e
Fini, è subito resuscitato. Ed a questo si aggregheranno, sorpresa! Mastella
e Dini. Tutti pronti per la nuova tornata elettorale ormai inevitabile dopo
la rinuncia di Marini e lo scioglimento delle Camere da parte del capo dello
Stato.
Ma davvero le elezioni erano l'unica soluzione possibile? No, se Berlusconi
avesse mantenuto la propria posizione. L'accordo (solo per rifare la legge elettorale),
tra Forza Italia e Pd avrebbe portato ad una legge senz'altro migliore di quella
attuale (ci vuole poco), probabilmente sarebbe stata in senso maggioritario
e con spazio nullo per i partiti del 2 per cento che tanto pesano sulla
politica italiana. Ma perchè Berlusconi ha cambiato idea?
Primo motivo: Berlusconi è convinto di avere un grande vantaggio
sul centrosinistra. Anche se al Senato dovesse pagare dazio, conta di avere
una maggioranza di almeno una ventina di voti. Cosa che lo rende tranquillo
anche in caso di "bizze" da parte di qualche partitino imbarcato nella
coalizione (a tutt'oggi sembra siano una decina). Con questa legge, se vince,
può governare come gli pare. Con una legge maggioritaria o proporzionale
con sbarramento al 5/6 per cento farebbe più fatica. Chi lo garantirebbe
dalla voglia di indipendenza e di Nuova Balena Bianca di Casini e altri centristi?
Secondo: Berlusconi deve far pagare agli italiani il problema che ha
con Rete4. Qualche giorno fa la Corte di Cassazione europea ha stabilito l'incompatibilità
della legge italiana che regola il mercato televisivo con il diritto comunitario
in quanto "non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e
non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e
proporzionati, con l'effetto di congelare le strutture del mercato nazionale
e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi". Questo giudizio
avrà un effetto: Europa 7, la tv che ha vinto la concessione per trasmettere
al posto di Rete4 già una decina d'anni fa (ma che nessuno di noi ha
mai potuto vedere per il mancato trasferimento
delle frequenze), dovrà essere risarcita dallo Stato, cioè da noi. E
il risarcimento che Europa 7 chiederà allo Stato per non aver rispettato
i suoi diritti pregressi sarà di milioni di euro. Tanto per capirci:
pagheremo quasi come per una mini manovra finanziaria. Questo Berlusconi lo sa. Ed è
già pronto a far pagare a noi, compresi i suoi tanti elettori, la sua
decisione di non obbedire alle sentenze delle varie Corti (per inciso, Europa
7 ha vinto tutti i gradi di giudizio contro le leggi volute dal governo Berlusconi
che le hanno impedito di trasmettere al posto di Rete4). In più, non
ha nessuna intenzione di ottemperare al dettato della Corte Europea. Lascerà
Rete4 lì dov'è. Difatti, Mediaset, in un suo comunicato stampa,
ha così commentato la sentenza: "non può comportare alcuna conseguenza
sull'utilizzo delle frequenze a disposizione delle nostre reti, inclusa Retequattro".
Tanto, la eventuale ulteriore multa la pagheremo noi per lui. Anche se dovesse
lievitare ulteriormente. Un bel modo di guidare un Paese e fare impresa: socializzazione
delle perdite e privatizzazione dei guadagni. Si capisce, che per realizzare
questo obiettivo Berlusconi deve andare al governo quanto prima.
Tralascio, un commento sulle
decisioni che il premier in pectore intende prendere su pubblicazione di intercettazioni,
carriere dei magistrati, grandi opere. Tutte questioni delle quali ha già
parlato come "prime cose alle quali metterò mano".
Ricordo sommessamente, invece, a tutti i lettori, che andare al voto
(con una legge che, per inciso, alcuni ritengono incostituzionale), e non dare
vita a un governo di transizione, costerà a noi cittadini un sacco di
soldi. Non tanto per la tornata elettorale, quanto per il sistema di rimborso
elettorale. Il referendum sul finanziamento pubblico ai partiti voluto dai radicali
nel '93, giusto o sbagliato che fosse, aveva dato questo risultato: il 90 per
cento degli italiani ne aveva chiesto l'abolizione. Restava in piedi, però,
una parte della legge che permetteva ai partiti di usufruire di un rimborso
per le spese elettorali che, se non ricordiamo male, era di 200 lire ad avente
diritto. Nel giro di qualche anno le 200 lire diventarono 800 e nel 2002, in
epoca euro, il governo di centrodestra lo portò a 1 euro (cioè
da 800 lire a 1936,27 lire!).
Non solo, quella legge stabiliva che le somme fossero corrisposte in
unica soluzione, anzichè frazionate di anno in anno. Cioè: che il contributo
ammonta sì ad un euro per ciascun elettore ma il fondo totale viene ripartito
non una volta sola a legislatura, ma per ogni anno dei cinque cui la legislatura
è composta (quindi, in una legislatura, è prevista una cifra di 5 euro a elettore).
Attenzione: i cinque euro ad avente diritto li incassano anche se la legislatura
si interrompe! Per cui, di fatto, i cittadini pagano due volte, per la vecchia
legislatura e per quella che inizierà dopo le elezioni. Inutile dire
che la cosa passò a larghissima maggioranza nei due rami del Parlamento. C'è
un ultimo paradosso. La legge dispone che i partiti percepiscano il rimborso
proporzionalmente ai voti ricevuti, ma che questo è calcolato in base all'intera
platea elettorale, cioè agli aventi diritto al voto (come abbiamo spiegato).
E ciò vuol dire che i partiti prendono i soldi anche per chi, magari per protesta
contro l'attuale panorama politico, rientra nel sempre più numeroso esercito
degli astenuti.(Nell'immagine, un provocatorio logo di Europa7).
Flavio Semprini